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Si fanno brutte cose

Quando si ha problemi si fanno brutte cose, come drogarsi o nuocere a sé stessi. Io ho praticamente seguito sera per sera il festival di Sanremo. Ho così esposto il fianco perfino a una presa in giro da un genitore 60enne. Ci sono caduto un po’ perché un 10 minuti al mitico Pif vanno sempre concessi e poi la Littizzetto piace. Per Fabio Fazio mi servirebbe una seduta dallo psicologo o da un poeta per riuscire ad esprimere quanto possa deludermi e portarmi alla rivalutazione subito dopo.

Questo 64° Festival della Canzone Italiana si è aperto con innumerevoli problemi: dalle urla di Grillo ,al guasto del sipario in apertura, per finire con i due operai che imitando il  signor Pino Pagano, salvato da Pippo Baudo nel lontano 1995, minacciavano di buttarsi da un ponte delle luci .E’ interessantissimo come l’intero ecosistema grillino sia convinto della messa in scena ad hoc in stile messaggio subliminale; che i due operai con svariati precedenti penali siano comparsi nel salotto della D’Urso;  che Fazio dichiari di aver subito uno sgambetto,conscio egli stesso di calpestare suoli dove è sgradito come un procuratore antimafia in Sicilia ; e come l’ Italia sia rappresentata  dall’aforisma di Dalì: “ciò che importa è moltiplicare la confusione non eliminarla”.

A parte l’inizio burrascoso il festival continua con Ligabue che omaggia il compleanno di Fabrizio de Andrè con la splendida Crêuza de mä. Da sempre la più grande critica al festival è sulla scelta dei cantanti sempre mosci e fuori dal mercato ma bisogna tenere bene in conto le parole di  Faber che si era già espresso sulla sua non volontà di partecipare al festival considerando quest’ultimo come una gara di ugole: “nel caso mio dovrei andare ad esprimere i miei sentimenti o la tecnica attraverso la quale io riesco ad esprimerli e credo che questo non possa essere argomento di competizione”.

Devo dire che ho scoperto una cosa nuova sulle canzoni sanremesi e cioè che al primo ascolto sembrino noiose, ma poi a sentirle diventano ascoltabili. C’è qualcosa di orecchiabile, qualche voce degna di nota , qualche ritornello ben ritmato ma certo Ron, Antonella Ruggiero e la bella compagnia dei surgelati riportano subito alla realtà: una specie di finzione, che si mantiene come per tradizione e come è stato scritto da degni giornalisti rimane in vita finchè parla di una dimensione fuori dall’Italia reale, visto che rimane strano capire come di questi tempi l’ispirazione degli artisti produca ancora solo canzonette d’amore.

Le élite si spintonano per essere in prima fila, pagare 1200 euro per un abbonamento; i figuranti, rai1 è quello che resta di un’aristocrazia che nei suo abiti fuori dal tempo  rimane ridicola senza più nessuno ad ammirarla.

Sul capitolo ospiti sicuramente Cat Stevens è stato eccezionale e Ligabue ha dato un’idea di cantante riuscito rispetto ai surgelati lì in gara poco dopo. E le vecchie glorie Rai avranno portato nostalgia ma questo è da chiederlo a chi assisteva con la coperta sulle ginocchia.

Insomma Fazio e co. hanno preteso di parlare della bellezza come tema principale, complice forse la nomination del film di Sorrentino agli oscar. Di certo lo spettacolo è stato dignitoso e non si è mai caduti nella demenzialità propria di certi conduttori alla Bonolis. Ma per me il tema di Sanremo sarà sempre uno solo : il “popolare”.

Come le canzoni popolari,

Come la vicinanza del popolo napoletano a Rocco Hunt e la polemica con la radiocronaca della Gialappa’s. Ma seriamente come può piacere Rocco Hunt?  Semplicemente un’altra prova che Napoli fa mondo a parte, logica a parte,popolo a parte.

Come nel dialogo con Luciano Ligabue dove con Fazio dichiarano: “ popolare è la cosa più bella del mondo”.

Capite che la bellezza è unica, difficile da creare, afferrare, comprendere ed è l’esatto contrario del popolo.

Ah già dimenticavo, la mia canzone preferita : Cuccurucucu (Arisa feat Whomadewho).

Valadrego Uci e Valerio Monteleone